E’ possibile subordinare l’acquisto della cittadinanza di uno stato membro UE ad una contropartita meramente economica, correlata agli investimenti o alle transazioni commerciali effettuati dallo straniero?
Può concedersi la cittadinanza in cambio di soldi?
L’acquisto o la perdita della cittadinanza, come notorio, costituiscono profili riservati al legislatore interno, ma la peculiarità della fattispecie posta in essere dal governo maltese è giunta all’attenzione della Corte di Giustizia Comunitaria, che ha dichiarato, ad istanza della medesima Commissione Europea, la contrarietà del complesso normativo ai principi dell’Unione.
Nel mentre gli altri stati europei, alle prese con grandi flussi migratori, disquisiscono sui tradizionali meccanismi di ingresso (vedasi il caso italiano, che rimette ad un referendum popolare la possibile riduzione da 10 a 5 anni per l’acquisto della cittadinanza italiana, come sancito dall’art. 9 L. N° 91/1992), lo stato di Malta ha adottato anni addietro una peculiare soluzione plutocratica.
In dettaglio, la legge sulla cittadinanza maltese ha subito una modifica nel luglio 2020 [Maltese Citizenship by Naturalisation for Exceptional Services by Direct Investment -cittadinanza maltese per naturalizzazione in ragione di servizi eccezionali tramite investimento diretto, fondato sull’articolo 10, paragrafo 9, del Maltese Citizenship Act (Chapter 188 of the Laws of Malta) -legge sulla cittadinanza maltese (Capitolo 188 delle leggi di Malta)-, come modificato dal Maltese Citizenship -Amendment No. 2- Act, e dai Granting of citizenship for Exceptional Services Regulations, 2020 (Subsidiary Legislation 188.06 of the Laws of Malta) -regolamento del 2020 sulla concessione della cittadinanza per servizi eccezionali (legislazione secondaria 188.06 delle leggi di Malta)], tramite un regolamento, e alcune relative ordinanze, introduttivo del programma di cittadinanza tramite sistema di investimento diretto. Sulla base di questo nuovo meccanismo legislativo e regolamentare, gli investitori stranieri possono richiedere la naturalizzazione per servizi eccezionali resi al paese mediante il soddisfacimento di alcuni requisiti, principalmente di natura finanziaria, sostanziatisi in investimenti di denaro.
Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, dell’articolo 16, paragrafo 1, lettere a), b) e d), e paragrafo 7, del regolamento del 2020, nonché del primo allegato a tale regolamento, gli investitori stranieri possono chiedere la naturalizzazione per servizi eccezionali tramite investimento diretto se soddisfano o si impegnano a soddisfare le seguenti condizioni:
– versare al governo maltese un contributo di EURO 600.000,00 o di EURO 750.000,00, di cui EURO 10.000,00 da versare a titolo di acconto non rimborsabile, contemporaneamente alle domande di soggiorno o al modulo di idoneità, ed il saldo dopo l’accordo di principio sulla domanda di naturalizzazione;
– acquistare e detenere un immobile residenziale a Malta del valore minimo di EURO 700.000,00, oppure prendere in affitto un immobile residenziale a Malta (per un minimo di 5 anni) con un canone annuo minimo di EUR 16.000,00;
– donare un minimo di EUR 10.000,00 a un’organizzazione o società non governativa registrata, o altrimenti approvata dalle autorità, in ambito filantropico, culturale, sportivo, scientifico, artistico o di tutela del benessere animale;
– aver risieduto a Malta per un periodo di 36 mesi (nel qual caso il pagamento ammonta a EURO 600.000,00), periodo che può essere ridotto a un minimo di 12 mesi a condizione di effettuare un investimento diretto eccezionale (il pagamento ammonta allora a EURO 750.000,00);
– aver superato una valutazione di idoneità da parte delle autorità ed essere autorizzato a presentare una domanda di naturalizzazione ai sensi dell’articolo 10 di detto regolamento.
Dopo l’ultima modifica adottata, la Commissione Europea, già dubbiosa riguardo al testo approvato nell’anno 2014, ha inviato alla Repubblica di Malta una lettera di diffida, per ribadire i propri timori circa l’incompatibilità con l’articolo 20 TFUE, e con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, di un programma di cittadinanza correlato ad investimenti dello straniero.
Ha sul punto replicato la Repubblica di Malta rilevando, dapprima, come la competenza degli stati membri in materia di cittadinanza debba essere esercitata nel rispetto del diritto dell’Unione Europea, la quale risulterebbe violata solo qualora la politica di naturalizzazione di uno stato membro comporti in modo generale e sistematico una violazione grave dei valori e degli obiettivi dell’Unione, ma senza pregiudicare l’obbligo di rispettare l’identità nazionale degli stati membri, poiché il potere di attribuire la cittadinanza costituisce il fulcro stesso della sovranità nazionale. Tale obbligo, a parere dello stato Maltese, sarebbe proprio violato dal comportamento assunto dalla Commissione, poiché esso avrebbe un’incidenza immediata sui quadri normativi disciplinanti la cittadinanza, la cui competenza risulta esclusiva dello Stato membro. Inoltre, aggiunge lo Stato maltese, il diritto dell’Unione Europea non imporrebbe agli stati l’obbligo di richiedere un “previo legame effettivo” ai fini della cittadinanza, poiché esso non discenderebbe dai Trattati e dal diritto internazionale. Infine, rileva come il programma di cittadinanza tramite investimento costituisce un programma legittimo ed efficace, soggetto a meccanismi di controllo rigidi e non in grado di pregiudicare gli obiettivi dell’Unione.
Svolte le proprie difese, la Corte adita, a seguito di un’attenta e rigorosa analisi della controversia, giunge ad una soluzione volta a contraddire ed a sanzionare la posizione assunta dallo Stato Maltese. Infatti, la CGUE rileva come questi, attraverso l’introduzione di questo programma di monetizzazione della cittadinanza maltese e, per estensione, di quella europea, abbia violato il diritto UE poiché se, da un lato, è vero che ogni stato membro è libero di definire i requisiti di acquisto della cittadinanza, allo stesso tempo, tale libertà deve essere esercitata nel rispetto del diritto dell’Unione Europea e, inoltre, non esiste alcuna eccezione a tale obbligo che possa rilevarsi dai Trattati, per come invece sostenuto da Malta. Inoltre, rileva come la cittadinanza europea, quale status attribuito automaticamente all’acquisto della cittadinanza di uno degli stati UE, garantisce una serie di diritti all’interno dello spazio comune il quale, tuttavia, si basa su due principi, ovvero la fiducia reciproca tra gli stati membri e il mutuo riconoscimento delle decisioni nazionali. In breve, la cittadinanza europea è espressione dei principi di leale cooperazione e solidarietà tra gli stati a loro volta fonte di alcuni obblighi e tra questi rientra in pieno quello di astenersi dall’attuare misure volte a mettere in pericolo gli obiettivi comuni dell’Unione e degli Stati membri.
Sulla base di ciò, conclude la CGUE come, la normazione introdotta dalla Repubblica di Malta, visto il mancato rispetto del requisito essenziale del “legame effettivo”, non consente di accertare il necessario vincolo di solidarietà e di lealtà tra uno Stato membro e i suoi cittadini, né di garantire la fiducia reciproca tra gli Stati membri e costituisce pertanto una violazione del principio di leale cooperazione.
In conclusione, la cittadinanza non possa costituire oggetto di una transazione commerciale, poiché la stessa è il coacervo di valori sicuramente non economicamente valutabili e, soprattutto, acquisibili solo sulla base di un legame vero instauratosi all’interno dello Stato verso il quale si vuole richiedere (sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la N° C-181/23 del 29 aprile 2025).

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