Fino a quando un genitore deve mantenere i figli divenuti maggiorenni?
Come e su chi grava la dimostrazione della sopravvenuta autosufficienza economica?
Come dimostrare il mancato impegno del figlio nella ricerca di un lavoro, se ha interrotto gli studi?
Il complesso rapporto economico tra genitori e figli trova una articolata risposta in una recente ordinanza assunta della Corte di Cassazione, chiamata a scrutinare, nell’ambito di un giudizio di separazione, la revoca dell’assegno di mantenimento disposto dal giudice di merito.
In dettaglio, il Tribunale di primo grado, nel pronunciare la separazione tra coniugi, ha reietto nel rispettive domande di addebito, ed ha al contempo revocato l’obbligo di mantenimento a carico del padre, disposto nelle fase interlocutoria del processo, e ciò sul presupposto che la figlia avesse nelle more raggiunto la maggiore età, senza avere in detti termini dimostrato l’avvio di un percorso di studi o formativo, ostativo all’inserimento nel mondo del lavoro.
Il provvedimento assunto in primo grado veniva confermato dal giudice di appello, fermo nel valorizzare le stesse allegazioni della richiedente -ovvero l’abbandono degli studi da parte della figlia maggiorenne-, ed al contempo la mancata ostensione di ragioni fattuali ostative alla ricerca ed ottenimento di un lavoro.
La sentenza di secondo grado viene impugnata dal genitore soccombente, il quale lamenta l’erroneo approccio della corte territoriale sul piano dell’onere della prova e del travisamento della domanda, considerato avere entrambe le parti in causa concordato sull’obbligo di mantenimento in capo al padre.
La Corte di Cassazione ritiene fondati i motivi di ricorso, riepilogando la disciplina civilistica, per poi coerenziare la stessa con il riparto probatorio ex art. 2697 cc.
Richiama dapprima la Corte l’art. 315 bis cc, costituente l’asse centrale dei diritti del figlio; trattasi di norma introdotta con la riforma della filiazione, operata con L. N° 219 del 2012. La norma non distingue tra diritti dei figli maggiorenni e minorenni, se non riguardo al diritto di ascolto in capo a questi ultimi, trattandosi di soggetti non aventi capacità di agire.
Le ragioni di tale equipollenza, a detta della Corte, sono da rinvenire proprio nei propositi della riforma sulla filiazione -completata con il decreto legislativo N° 154/2013-, che ha sostituito l’obsoleto istituto della potestà genitoriale con la più innovatrice responsabilità genitoriale; il distinguo suddetto non è solo terminologico, ma palesa un cambio prospettico nella concezione del rapporto genitori/figli. Tale mutamento si coglie, altresì, sul piano della assenza di limitazione temporale, un tempo fissato dall’art. 316 cc nel raggiungimento della maggiore età, e pertanto gli obblighi dei genitori non hanno un taglio solo temporale, ma perdurano sino a quando il figlio non abbia raggiunto la autosufficienza economica, correlata alle naturali ispirazioni e declinazioni dei figli.
In questa cornice, l’art. 337 septies cc costituisce una norma volta a specificare le modalità di concreta attuazione dell’obbligo di mantenimento, ovvero tramite versamento di un assegno periodico, sino al raggiungimento della maggiore età.
Tali principi debbono coerenziarsi con il canone di auto-responsabilità, in capo ai figli, volto ad evitare che questi ultimi possano abusare di tale obbligo per procrastinare in maniera indebita l’obbligo di mantenimento in capo ai genitori.
Gli obblighi genitoriali, come più volte sancito dalla Corte di Legittimità, perdurano nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, e sono destinati a cessare, laddove si accerti un comportamento inerte ovvero il rifiuto di occasioni di lavoro, oppure, più in generale, il disinteresse avverso la prospettiva di indipendenza economica.
Fissati i suddetti corollari, ed anche al fine di calmierare possibili abusi da parte dei figli, la Corte di Cassazione rimette al giudice di merito l’accertamento circa la non autosufficienza economica, le tempistiche dell’obbligo genitoriale ed il relativo perimetro obiettivo.
Tutto ciò deve trovare un preciso coordinamento con i corollari che governano l’onere della prova, a seconda che sia il figlio maggiorenne a richiedere per la prima volta il mantenimento al genitore, oppure sia quest’ultimo ad invocarne la revoca.
Nel primo caso, graverà sul figlio, o comunque sul richiedente, onere di dimostrare la sussistenza di un percorso scolastico o professionale, tale da procrastinare il mancato inserimento nel mondo del lavoro; nel caso di chiesta revoca del mantenimento, graverà sul genitore l’obbligo dimostrare la sopravvenuta estinzione dell’obbligazione, anche in via presuntiva ex art. 2729 cc -dirimente al riguardo il fattore età-, allegando il disinteresse verso gli studi, verso la formazione professionale, oppure da ultimo il completamento del percorso formativo.
Viene pertanto adottato il seguente principio di diritto:
“Il dovere dei genitori di mantenere i figli, stabilito dall’art. 315 bis cc e correlato alla responsabilità genitoriale, non cessa ipso facto con il raggiungimento da parte di costoro della maggiore età ma termina solo nel momento in cui il figlio consegue l’autonomia economica, o avrebbe dovuto farlo secondo i paramenti di una diligente condotta, da accertare con riferimento al caso concreto.
8.2.- In tema di mantenimento dei figli maggiorenni, in conformità ai principi generali sull’onere della prova, spetta a chi agisce in giudizio invocando la sussistenza del diritto o, all’opposto, il venir meno dei presupposti della sua persistenza, ovvero una estinzione o modificazione dei fatti costitutivi che avevano sorretto il suo riconoscimento, in primo luogo un onere di allegazione ed in secondo luogo l’onere della dimostrazione delle circostanze allegate ed in ipotesi contestate, onere quest’ultimo che si giova della possibilità di invocare presunzioni precise e univoche, che, laddove presenti, determinano nel controinteressato l’onere di dimostrare il contrario, secondo l’ordinario meccanismo processuale della prova per presunzione semplice” (Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Ordinanza 8 Maggio 2025, N° 12121)
Studio Legale avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli Roma