Passaggio guidatore ubriaco

Il terzo trasportato, che accetta consapevolmente di salire a bordo di una autovettura condotta da una persona ubriaca, in caso di sinistro e sofferte lesioni, può vedersi ridotta l’entità del risarcimento del danno?

Non si tratta di un tematica giunta per la prima volta dalla Corte di Cassazione, ma la reiterazione dei casi rende altrettanto rinnovate le pronunce del massimo Organo di Legittimità.

La Corte di Cassazione torna ad accogliere le ragioni dell’assicuratore, focalizzando la estrema importanza di non prestare il fianco a situazioni di totale e spericolata imprudenza, quale appunto quella di salire a bordo di un veicolo condotto da un conducente ubriaco, da cui tutti dovrebbero prendere le distanze, per le conseguenze anche fatali cui può giungere una guida insensata.

Qualora si registri il pervicace proposito di unirsi ad un autista ubriaco (con cui magari ci si è recati insieme ad una festa o un evento, caratterizzati dalla assunzione di alcolici),  la Corte di Legittimità ritiene del tutto legittimo, da parte dell’assicuratore, offrire un risarcimento in misura più ridotta rispetto a quanto normalmente dovuto.

Nel respingere il ricorso dei familiari delle vittime, la Corte di legittimità esclude tuttavia che la riduzione del risarcimento possa sostanziarsi in un mero -ed a quel punto illogico- automatismo, occorrendo ricostruire tutta la sequela storica, per capire in che misura l’approccio imprudente del trasportato possa avere contribuito alla verificazione del danno (che, in termini esemplificativi, non potrà essere negato, qualora non emerga a chiare lettere la consapevolezza della altrui alterazione alcolica).

L’antefatto processuale si diparte da una tragica vicenda occorsa purtroppo molte volte: il terzo trasportato perde la vita a seguito di sinistro stradale, cagionato da conducente ubriaco,  il quale perdeva il controllo della vettura in prossimità di una curva ed andava ad impattare contro un muro di recinzione finitimo all’asse stradale.

I familiari di Tizio decidevano di convenire in giudizio la compagnia di assicurazioni e il conducente Caio per sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti per la perdita del congiunto. In risposta, si costituiva la compagnia di assicurazioni, eccependo come defunto fosse corresponsabile del sinistro, poiché aveva accettato di farsi trasportare da un conducente in tangibile stato di ebbrezza. Il Tribunale di prime cure, a discapito della famiglia di Tizio, rilevava d’ufficio il concorso, o meglio, la cooperazione colposa di questi nella commissione del sinistro e nella produzione del danno, poiché aveva accettato di farsi trasportare da un soggetto in stato di ebbrezza, e procedeva a ridurre le voci di danno riconosciute del 50% applicando il criterio ex art 1227 cc (questi afferma che “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”).

Avverso tale sentenza, i familiari di Tizio presentavano appello ma, anche questa volta, veniva confermata la statuizione di primo grado salvo, però, la rideterminazione delle quote di corresponsabilità di Tizio e Caio.

In ultima istanza, visti i due rigetti, i familiari di Tizio decidono di presentare ricorso avverso la sentenza di appello dinanzi la Corte di Cassazione, avente come unico motivo la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1227 e 2056 cc. Nello specifico, le parti lamentano che la Corte d’Appello avrebbe errato nel rilevare l’esistenza della corresponsabilità poiché non aveva considerato l’assenza di una condotta attiva di cooperazione colposa della vittima e che non vi era né prova dello stato d’ebbrezza del conducente né tantomeno consapevolezza di questo stato da parte di Tizio visto e considerato non ogni stato di ebbra esser individuabile secondo l’ordinaria prudenza o diligenza.

La Corte di Cassazione, tuttavia, analizzati gli elementi di causa, giunge a respingere il ricorso proposto rilevandone la sua infondatezza per i motivi che seguiranno appresso.

Innanzitutto, rilevava come il ricorrente facesse riferimento ad un principio, quello del concorso attivo da parte della vittima, ormai isolato e superato, poiché restringeva in maniera eccessiva le ipotesi di concorso di colpa del danneggiato. Infatti, in più occasioni, la Corte di legittimità aveva avuto modo di rilevare come il concorso di colpa si potesse rilevare in presenza anche del consenso tra le parti, con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro e relativa accettazione del rischio, oltre la soglia del “rischio consentito” rendendo in tal modo pienamente applicabile l’art. 1227cc in tema di concorso di colpa.

Al tempo stesso, però, la Corte di legittimità ribadisce un concetto di estremo rilievo e che, necessariamente, influenza l’intera valutazione delle condotte e la quantificazione del risarcimento: in dettaglio, non è comunque concepibile ritenere sempre sussistente, in via generale ed astratta, il concorso di colpa del danneggiato che ha accettato di essere trasportato sul mezzo da una persona in stato di ebbrezza poiché occorre valutare nel caso concreto e secondo le circostanze se ed in quale misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro. Il tutto per evitare si possa produrre un vero nocumento nei confronti del terzo trasportato vittima dell’incidente, al quale verrebbe sempre precluso un risarcimento del danno subito. Ipotesi, tra l’altro, ritenuta inconcepibile anche dalla giurisprudenza Europea, che ha avuto modo di ribadire come risulti necessario un accertamento a posteriori del caso concreto per la valutazione del concorso di colpa e della relativa determinazione del risarcimento del danno. Infine, la Corte di legittimità rilevava un ulteriore principio, già in precedenza affermato, per cui la consapevolezza della persona trasportata che il conducente risulti sotto l’effetto di alcool o droghe, pur non potendone comportare l’assoluta esclusione del diritto alla tutela assicurativa, essa è comunque idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante. Sulla base di quanto premesso, e analizzato il percorso seguito dalla corte territoriale nella risoluzione della controversa, la Corte di Legittimità giungeva a rigettare il ricorso dei familiari di Tizio sottolineando come le motivazioni del giudice di merito fossero ineccepibili ed in piena corrispondenza con i principi della disciplina e prima indicati e provvedendo, in ultima battuta, a ricordare come, ai fini dell’individuazione dell’evento dannoso, occorre avere riguardo non all’incidente stradale in sé, quanto piuttosto alla intera sequela, all’interno della quale occorre individuare l’evento dannoso. Ed è proprio il comportamento del trasportato che è andato a porsi all’inizio della sequenza che si è conclusa con l’evento dannoso della sua morte (Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, Ordinanza Numero 21896, 30 Luglio 2025).   

Studio Legale Avvocato Francesco Noto Roma Cosenza Napoli

Tags: , , , , , , ,

Lascia un commento