Esecuzione mandato arresto europeo

Può uno stato dell’unione rifiutare la consegna di un condannato ad altro paese membro?

Può lo stato membro contravvenire all’ordine di consegna del condannato, disponendo che la pena sia eseguita nel proprio paese?

Su tali interrogativi si registra una articolata presa di posizione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che illustra in questo modo i presupposti che consentono ad un paese dell’Unione disattendere la richiesta di consegna formulata da altro stato per esecuzione pena del condannato.

Prima di analizzare il caso, si deve rammentare la cornice giuridica che delinea il mandato di arresto europeo, rammentando nello specifico i tratti salienti, impiantati innanzitutto sul canone fondamentale, fissato dall’art. 3 della Convenzione Europea sul trasferimento delle persone condannate, firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983, secondo cui il trasferimento di una persona condannata da un paese verso altro presuppone che  lo Stato richiedente e lo Stato di esecuzione si siano accordati su tale trasferimento.

A tale regola del diritto internazionale si affiancano i principi propri dell’Unione, ed in particolare la Decisione Quadro 2002/854, rammentando i più rilevanti canoni:

– L’art. 1 stabilisce che il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata, e gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

– L’art. 3 disciplina i motivi di non esecuzione obbligatoria, ovvero se, in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro, a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna.

– Il successivo art. 4 disciplina i motivi di non esecuzione facoltativa, possibili qualora:

a)  in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna;

b)    se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno.

– L’art. 12 prevede come, se persona viene arrestata sulla base di un mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide se la persona debba o meno rimanere in stato di custodia conformemente al diritto interno dello Stato membro dell’esecuzione.

– Il successivo articolo 26, a tenore del quale, lo Stato membro emittente deduce il periodo complessivo di custodia che risulta dall’esecuzione di un mandato d’arresto europeo dalla durata totale della detenzione che dovrà essere scontata nello Stato emittente in seguito alla condanna a una pena o a una misura di sicurezza privative della libertà.

Alla Decisione Quadro suddetta ha poi fatto seguito la Decisione Quadro 2008/909, il cui art. 3 stabilisce che, il proposito della decisione quadro è stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro, al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, debba riconoscere una sentenza ed eseguire la pena.

Il successivo articolo 8 della medesima decisione quadro, intitolato «Riconoscimento della sentenza ed esecuzione della pena», stabilisce come, l’autorità dello stato di esecuzione adotta tutti i provvedimenti necessari per eseguire la pena, salvo decida di invocare uno dei motivi di rifiuto di riconoscimento e di esecuzione previsti dall’articolo 9, e pertanto:

a) Se la durata della pena è incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione, l’autorità competente di quest’ultimo può decidere di adattare la pena soltanto se detta pena è superiore alla pena massima prevista per reati simili nella sua legislazione nazionale;

b) Se la natura della pena è incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione, l’autorità competente dello Stato di esecuzione può adattarla alla pena o alla misura prevista dalla propria legislazione per reati simili.

Su tale cornice normativa si è impiantato il caso trattato dal Tribunale dell’Unione, che prende piede dalla trasmissione di un mandato di arresto europeo dalla Corte d’Appello di Budapest all’Italia, la cui autorità giudiziaria competente (Corte d’Appello di Roma) ha espresso il proprio disaccordo riguardo al riconoscimento di tale sentenza ed alla presa in carico. Il Giudice del paese emittente, a sua volta sollecitato dalla autorità italiane, ha precisato non volere prestare il suo consenso ad una sentenza dell’autorità italiana volta a non eseguire il mandato di arresto europeo.

La Corte d’Appello di Roma ha rifiutato la consegna, ed ha riconosciuto la sentenza di condanna in Italia, al fine di aumentare le possibilità di reinserimento dell’Italia.

E’ stato emesso dalle autorità italiane un certificato di esecuzione, trasmesso alle autorità rumene, per comunicare l’avvenuta espiazione della pena in Italia, sotto forma di arresti domiciliari, ed a tanto ha fatto seguito una comunicazione delle autorità giudiziarie rumene, volta a precisare al governo italiano che il mandato di arresto europeo doveva ancora intendersi in vigore.

A questo punto la Corte d’Appello di Bucarest ha deciso formulare questione pregiudiziale al Tribunale dell’Unione, ed in particolare se:

a) le disposizioni dell’articolo 25 della decisione quadro 2008/909 debbano essere interpretate nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di un mandato [d’arresto] europeo, qualora intenda applicare l’articolo 4, [punto] 6, della decisione quadro 2002/584 ai fini del riconoscimento della sentenza di condanna, è tenuta a chiedere la [trasmissione] della sentenza e del certificato emessi ai sensi della decisione quadro 2008/909, nonché a ottenere il consenso dello Stato di condanna ai sensi dell’articolo 4, [paragrafo] 2, della decisione quadro 2008/909.

2)  le disposizioni dell’articolo 4, [punto] 6, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con l’articolo 25 e con l’articolo 4, [paragrafo] 2, della decisione quadro 2008/909, debbano essere interpretate nel senso che il rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva e il riconoscimento della sentenza di condanna, senza l’effettiva esecuzione mediante la carcerazione della persona condannata in seguito a grazia e sospensione dell’esecuzione della pena, conformemente alla legge dello Stato di esecuzione, e senza ottenere il consenso dello Stato di condanna nell’ambito del procedimento di riconoscimento, [comportano] la perdita del diritto dello Stato di condanna di procedere all’esecuzione della pena conformemente all’articolo 22, [paragrafo] 1, della decisione quadro 2008/909.

3)  l’articolo 8, [paragrafo] 1, lettera c), della decisione quadro 2002/584/ debba essere interpretato nel senso che una sentenza di condanna a una pena detentiva sulla base della quale sia stato emesso un mandato d’arresto europeo la cui esecuzione sia stata rifiutata ai sensi dell’articolo 4, [punto] 6, [della medesima decisione quadro], con riconoscimento della sentenza, ma senza l’effettiva esecuzione mediante la carcerazione della persona condannata in seguito a grazia e sospensione dell’esecuzione della pena, conformemente alla legge dello Stato di esecuzione, e senza ottenere il consenso dello Stato di condanna nell’ambito del procedimento di riconoscimento, perde il suo carattere esecutivo.

4)  le disposizioni dell’articolo 4, [punto] 5, della decisione quadro 2002/584 debbano essere interpretate nel senso che una sentenza recante il rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva e il riconoscimento della sentenza di condanna ai sensi dell’articolo 4, [punto] 6, [di tale decisione quadro], ma senza l’effettiva esecuzione mediante la carcerazione della persona condannata in seguito a grazia e sospensione dell’esecuzione della pena, conformemente alla legge dello Stato di esecuzione (Stato membro [dell’Unione europea]), e senza ottenere il consenso dello Stato di condanna nell’ambito del procedimento di riconoscimento, costituisce una sentenza di “condanna per gli stessi fatti da un paese terzo”.

5)      In caso di risposta affermativa alla quarta questione, se le disposizioni dell’articolo 4, [punto] 5, della decisione quadro 2002/584 debbano essere interpretate nel senso che una sentenza recante il rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva e il riconoscimento della sentenza di condanna ai sensi dell’articolo 4, [punto] 6, della decisione quadro 2002/584, con sospensione dell’esecuzione della pena conformemente alla legge dello Stato di esecuzione, costituisce una «[sentenza] in fase di esecuzione» qualora la sorveglianza del condannato non sia stata ancora avviata».

La Corte di Giustizia ha inteso cumulare il vaglio delle prime tre questioni, accomunate dai medesimi presupposti.

La premessa di fondo del tribunale sovranazionale si diparte dal corollario generale in tema di mandato di arresto europeo  (MAE), costituente uno strumento di avvicinamento tra paesi membri, impiantato sulla reciproca fiducia, e dunque la regola, che può ammettere solo mirate eccezioni, e ciò anche al fine di evitare la possibile impunità dei condannati, una volta affiorato un possibile contrasto tra paesi membri.

Le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo soltanto per motivi fondati sulla decisione quadro 2002/584, così come interpretata dalla Corte; l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione di quest’ultimo è da intendersi quale eccezione tassativa.

Riguardo ai motivi di non esecuzione facoltativa, elencati dall’art. 4 della decisione quadro 2002/584, l’applicazione di quello previsto al punto 6 di tale articolo è subordinata al ricorrere di due condizioni, vale a dire, da un lato, che la persona ricercata dimori nello Stato di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda e, dall’altro, che tale Stato si impegni a eseguire, conformemente al proprio diritto interno, la pena o la misura di sicurezza per la quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo. Registrati i due presupposti, lo stato dell’esecuzione deve ancora valutare se esista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena inflitta nello Stato emittente venga eseguita nel territorio dello Stato di esecuzione, tenendo presente la possibilità di reinserimento sociale, una volta che il condannato si è stabilito appunto nel paese di esecuzione.

In detti termini, il rifiuto fondato sull’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, di eseguire un mandato d’arresto europeo, presuppone un vero e proprio impegno da parte dello Stato di esecuzione ad eseguire la pena privativa della libertà personale irrogata nei confronti della persona ricercata.

La necessità di ottenere il consenso dello Stato di emissione quanto alla presa in carico dell’esecuzione della pena irrogata risulta altresì dall’articolo 13 della decisione quadro 2008/909. Da tale articolo emerge infatti che, fintantoché l’esecuzione nello Stato di esecuzione di tale pena non sia iniziata, lo Stato di emissione può ritirare il certificato corrispondente dallo Stato di esecuzione e che, una volta ritirato, lo Stato di esecuzione non esegue più detta pena.

L’emissione da parte di uno Stato membro di un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà personale denota e conferma che tale Stato privilegia, in linea di principio, un’esecuzione della pena nel suo territorio piuttosto che un’attuazione del meccanismo di riconoscimento e di esecuzione delle sentenze in materia penale previsto dalla decisione quadro 2008/909, ai fini di una siffatta esecuzione in un altro Stato membro.

Ciò posto, nell’ambito dell’attuazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, la presa in carico, da parte dello Stato di esecuzione, dell’esecuzione della pena irrogata con la sentenza di condanna pronunciata nello Stato di emissione e che ha giustificato l’emissione del mandato d’arresto europeo è pertanto subordinata al consenso di tale Stato di emissione, per come sancito dalle norme previste dalla decisione quadro 2008/909.

Per mantenere l’effettività del mandato di arresto, e la leale cooperazione tra stati membri, qualora un’autorità giudiziaria dell’esecuzione intenda rifiutare, sulla base del motivo di non esecuzione facoltativa previsto all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, l’autorità competente dello Stato di emissione può a sua volta rifiutare una siffatta trasmissione se ritiene, sulla base di circostanze oggettive, che la pena non sarà effettivamente eseguita nello Stato di esecuzione o che un’esecuzione di tale pena in tale Stato non contribuirà all’obiettivo di reinserimento sociale della persona ricercata una volta scontata la pena privativa della libertà personale alla quale quest’ultima è stata condannata.

Ed allora, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, le decisioni quadro 2002/584 e 2008/909 non ostano a che il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del condannato sia mantenuto, e che la pena irrogata nei suoi confronti sia eseguita nello Stato di emissione; in ogni caso, spetta all’autorità giudiziaria emittente esaminare se, alla luce delle peculiarità del caso di specie, tale mantenimento sia proporzionato. Nell’ambito di un siffatto esame, incombe in particolare a tale autorità tener conto delle conseguenze su tale persona del mantenimento del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti, o ancora, delle prospettive di esecuzione di detto mandato d’arresto.

Da tanto ne discende, in risposta al quarto quesito, che un rifiuto dell’autorità di esecuzione per le fattispecie facoltative, non può intendersi quale sentenza definitiva per gli stessi fatti.

Il raccordo tra paese richiedente ed autorità di esecuzione, in tema di mandato di arresto europeo, deve così essere inteso:

– il rifiuto dell’autorità giudiziaria di esecuzione, per le ipotesi di diniego c.d. facoltativo, presuppone che tale autorità rispetti le condizioni previste dalla Decisione Quadro 2008/909;

– lo stato di emissione conserva il diritto di eseguire la pena stessa, e dunque di mantenere il mandato di arresto europeo, anche quanto l’autorità giudiziaria di esecuzione abbia rifiutato, per l’avvenuta presa in carico, l’esecuzione di detto mandato di arresto europeo;

– il rifiuto palesato dallo stato di esecuzione in alcun momento può intendersi quale sentenza pronunciata sugli stessi fatti, consentendo il questo modo la consegna al paese membro (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza  4 Settembre 2025, Causa C-305/22). 

Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Roma Napoli Cosenza

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