Legittimo l’incasso anticipato dell’assegno postdatato e l’accordo volto ad evitare il protesto del titolo.

La Corte di Cassazione conferma le pronunce dei gradi di merito, ed esclude che il riconoscimento del debito, confluito in apposita scrittura privata, redatta proprio per evitare la negoziazione anticipata del titolo di credito, possa integrare gli estremi della violenza o della minaccia. Nello specifico, due soggetti addivenivano ad un accordo -in larga misura caratterizzato da pattuizioni verbali- garantito da assegni bancari postdadati, accettati dal terzo prenditore. Quest’ultimo, contravvenendo alle intese raggiunte con il traente, aveva presentato in anticipo titoli all’incasso, ed il debitore, per evitare il protesto bancario (dagli effetti nefasti, rivestendo il ruolo di amministratore unico di una società di capitali), sottoscriveva una scrittura privata, contenente riconoscimento del debito e computo degli interessi, nella misura dell’8% annuo, ed ancora una volta la prestazione veniva garantita da titolo di credito postdatato, pure presentato all’incasso una volta cessati i buoni rapporti tra le parti. Onorato tramite prestiti terzi il debito, il traente ha chiesto invalidare la scrittura privata e l’assegno da ultimo emesso, a suo dire costituente una fattispecie di abuso del diritto, coattamente imposta dal terzo prenditore con violenza o con minaccia, in entrambi i casi annullabile ex artt. 1435 cc e 1438 cc. I giudici di merito hanno respinto la domanda attorea, ritenendo non sussistente nel caso di specie un vizio del consenso, e del tutto legittima la scrittura privata ed il titolo emesso. Tale esegesi è stata avallata dalla Corte di Legittimità, che ha da ultimo escluso la possibile integrazione degli istituti codicistici citati. Circa l’invocato abuso del diritto e minaccia ex art. 1438 cc, il Giudice Nomofilattico rammenta come la premessa è di per sé erronea, ove si consideri essere del tutto legittima l’incasso del titolo postdatato in un momento anteriore a quello riportato; da ciò ne discende che il terzo prenditore non fa valere la minaccia di un male ingiusto, operando nella piena titolarità di un suo diritto, legittimo anche in ordine alla misura degli interessi, esclusa sul piano numerico la natura usuraria. Tali condotte non integrano i presupposti dell’art. 1435 cc -ma sono appunto da valutare solo ai sensi dell’art. 1438 cc-, comunque non sussistente nel caso di specie, stante comunque il difetto di un vantaggio ingiusto ed eccessivo (Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, sentenza 9 Novembre 2023, N° 31229).

Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli

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