Restituzione canone idrico

E’ possibile chiedere il rimborso della bolletta versata per canone idrico, qualora l’impianto di depurazione non funzioni? In caso di risposta affermativa, chi è tenuto a restituire i canoni ed in che misura?

Gli interrogativi rispondono ad una tematica di grande attualità, ove si consideri essere il disservizio dei sistemi di depurazione un problema frequente, comune purtroppo a molte città d’Italia. Mancato funzionamento spesso causato da una cattiva gestione degli impianti e, addirittura, cagionato da ritardi nella costruzione o manutenzione.

La Corte di Cassazione è chiamata a dare risposta ad una espressa istanza del cittadino, ed offre al riguardo un verdetto pienamente positiva per effetto della Sentenza N. 15059 del 05/06/2025.

E’ bene addentrarsi nelle premesse e nelle argomentazioni che hanno indotto la Corte di Legittimità ad assumere un approccio favorevole alle ragioni dell’utenza.

La vicenda contenziosa prende piede allorquando un cittadino, titolare di utenza idrica in un Comune Italiano, conveniva dinanzi il Giudice di Pace competente il Comune e l’Azienda Speciale Alfa, chiedendo la condanna delle controparti alla restituzione dei canoni di depurazione, sul presupposto della totale inefficienza del depuratore e l’incapacità di regimentare le acque reflue. A sostegno della pretesa, l’utente richiamava il prodromico insegnamento della Corte Costituzionale, operato con sentenza N° 335/2008, volto a dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 14, co. 1, L. n. 36/1994 nonché dell’art. 155, comma primo, primo periodo, D.Lgs. n. 152/2006, nella parte in cui si affermava l’obbligo di pagamento della quota al servizio di depurazione anche nel caso in cui la fognatura fosse sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi fosse temporaneamente inutilizzabili.

Alla domanda dell’attore si cumulavano separati atti di intervento, spiegati da altri soggetti titolari della medesima posizione sostanziale.

Valutati i fatti di causa, il Giudice di Pace, dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Comune e procedeva a condannare la sola Azienda Speciale al pagamento in favore dei ricorrenti di quanto richiesto. La parte soccombente presentava appello avverso la sentenza, e ciò al fine di contestare gli elementi costitutivi della domanda risarcitoria e quanto rilevato in relazione alle domande di manleva svolte. Tuttavia, il giudice dell’Appello, rigettava il gravame.

L’Azienda Speciale, ha così deciso adire la Corte di Cassazione, sostenendo avere il giudice del merito erroneamente ascritto sulla ricorrente l’obbligo di restituire i canoni versati, comprensive oltremodo non solo delle somme del servizio, ma altresì della quota relativa a progettazione, realizzazione o completamento degli impianti, di competenza di altro soggetto. Il tutto dopo avere travisato inversione dell’onere della prova, una volta affermato dal tribunale essere onere del concessionario quello di fornire la prova della concreta esecuzione delle opere di progettazione, completamento o ristrutturazione.

La Corte di Legittimità, analizzata la vicenda, ritiene confermare le argomentazioni dei giudici di merito, rilevando non essersi registrata alcuna inversione dell’onere della prova, e dunque la inosservanza della relativa regola codicistica fissata dall’art. 2697 cc.

Come prima cosa viene sancito attestarsi lo scrutinio della vicenda su un piano eminentemente contrattuale, a fronte di domanda attorea impiantata sul mero inadempimento negoziale. In dettaglio, una volta che si è ricostruita la pretesa oggetto del presente giudizio in termini di inosservanza di una prestazione avente fonte nel contratto di utenza, deve affermarsi che il soggetto tenuto alla restituzione è quello che in forza del contratto ha richiesto (ed ottenuto) il pagamento … la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato”.

Da qui la corretta identificazione della società di gestione del servizio quale soggetto che procede all’incasso delle tariffe versate dall’utenza; quest’ultima, si è detto con altra sentenza, può chiedere la restituzione delle bollette pagare nel termine di dieci anni, e non cinque, perché la restituzione non è un diritto avente carattere periodico, passibile di essere assoggettato al più breve termine previsto dall’art. 2948 n. 4 codice civile.

Sotto altro concorrente ambito, sancisce il Giudice nomofilattico, come già statuito dal Tribunale dell’Appello e prima ancora dal giudice di prime cure, gravare sulla Azienda Speciale l’onere di allegare la circostanza negativa, ovvero l’affidamento delle opere di progettazione, completamento o ristrutturazione dell’impianto a terzi, al fine di sottrarre la relativa quota di canone dal diritto restitutorio spettante agli utenti.

Questo perché la domanda di ripetizione interposta dagli utenti afferiva a un contratto di utenza idrica, che vede nella Azienda Speciale l’unico interlocutore sul lato passivo. Identificato il corretto perimetro concessorio e contrattuale, spettava alla Azienda Speciale dimostrare l’affidamento delle opere, al fine di scomputare le spese relative rispetto a quanto la stessa era tenuta a restituire agli utenti.

Statuisce pertanto la Corte di legittimità come, nel caso di inefficienza del servizio di depurazione associato al servizio idrico integrato, il soggetto tenuto alla restituzione degli importi versati a titolo di canone di depurazione è il concessionario del servizio idrico, anche se le somme sono state poi versate ad altri enti.

Da qui il rigetto del ricorso e la conferma dei pronunciamenti assunti nei gradi di merito (Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza Sentenza N. 15059 del 05/06/2025).

Studio legale Avvocato Francesco Noto Cosenza Napoli Roma

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