Fotovoltaico centro storico

E possibile installare pannelli fotovoltaici sul tetto di un immobile ricadente nel centro storico?

L’interrogativo trova articolata risposta in una recente sentenza del Consiglio di Stato, fermo nel respingere gli aprioristici dinieghi spesso approcciati dalle amministrazioni comunali.

E’ opportuno riepilogare l’articolato iter amministrativo che ha portato in un primo momento al diniego autorizzativo, e poi ad un contenzioso giurisdizionale nel doppio grado amministrativo.

In dettaglio, i proprietari di un fabbricato ricadente nel centro storico di Firenze, assoggettato al vincolo paesaggistico ai sensi del DM 23/12/1952, ottenevano una prima autorizzazione paesaggistica, finalizzata alla installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto del palazzo storico. In un secondo momento, gli stessi soggetti privati richiedevano al Comune di Firenze il rilascio di una seconda autorizzazione paesaggistica, in variante di quanto dapprima assentito (pannelli di colore scuro, e non rosso, aventi ridotta efficienza energetica); la Commissione per il paesaggio esprimeva parere favorevole, subordinato alla condizione tecnica di utilizzo di impianti similari per colori al manto di copertura. La Soprintendenza, di contro, adottava un responso negativo, sul presupposto che la soluzione tecnica prospettata si configurerebbe quale contesto estraneo ed incompatibile con la realtà dei luoghi. Epilogo preservato anche a seguito di domanda di riesame da parte dei richiedenti. Seguiva una nuova istanza di autorizzazione paesaggistica, parametrata ad una soluzione meno invasiva, senza sortire effetto alcuno: la Commissione per il Paesaggio, richiamato il pregresso parere favorevole della Soprintendenza, reiterava il proprio diniego, e ciò non soltanto per il deficit autorizzativo palesato dalla Soprintendenza, ma altresì per una incompatibilità tecnica tra l’impianto fotovoltaico e la tutela di un contesto storico di particolare pregio architettonico.

I richiedenti, a fronte di tale ulteriore diniego, decidevano ricorrere al Tribunale Amministrativo, il quale tuttavia respingeva l’impugnativa dei diretti interessati – con condanna alle spese di lite-, sul presupposto di un concreto affioramento di ostacoli tecnici, volti a legittimare il provvedimento dell’Autorità Comunale.

La sentenza è stata impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, che ha ribaltato il verdetto di primo grado, sotto un concorrente ordine di fattori.

Dal punti di vista procedimentale, non ha mancato di rilevare il Supremo Consesso il deficit amministrativo, a fronte di una istruttoria sulla seconda domanda autorizzativa adagiatasi su un parere della Soprintendenza reso per una fattispecie tecnica pregressa, destinata a divergere con la soluzione da ultima proposta dai ricorrenti.

In disparte quanto sopra, per il Consiglio di Stato non è più possibile denegare la posa di impianti fotovoltaici su edifici storici tramite generiche affermazioni di incompatibilità estetica ed architettonica, destinata ad assurgere a mero cliché argomentativo, del tutto vacuo dal punto di vista argomentativo.

Il quadro normativo si caratterizza per l’introduzione di semplificazioni volte ad incentivare la diffusione delle rinnovabili, così da ponderare l’interesse pubblico alla tutela del paesaggio con l’altrettanto rilevante interesse pubblico volto all’incremento della produzione di energia da fonti alternative.

Il passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce, infatti, un proposito di interesse nazionale, ed in detti termini non più possibile far confluire i pannelli fotovoltaici in categorie estetiche tradizionali, deputati così ad una impropria affermazione di aprioristica incompatibilità estetica nei centri storici.

La presenza del fotovoltaico sul tetto, alla luce delle sopravvenute esigenze energetiche, non costituisce un fattore assoluto di disturbo visivo; le amministrazioni comunale dovranno focalizzare le soluzioni tecniche praticate per inserire i pannelli fotovoltaici negli edifici che li ospitano e nel paesaggio circostante.

Ed allora, è innegabile l’ampio potere discrezionale della Sovrintendenza nello scrutinio della domanda autorizzativa; è altrettanto incontrovertibile che il diniego frapposto ai privati deve costituire l’epilogo di uno scrutinio tecnico analitico, da cui emerga un chiaro dissenso costruttivo (Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 2 Aprile 2025, N° 2808).

Studio legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli Roma

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