Una recente Ordinanza della Corte di Cassazione -riunita a Sezioni Unite-, volta a sindacare gli effetti dell’ipoteca iscritta in data anteriore alla iscrizione dell’atto di accertamento dell’abuso edilizio (articolo 31 DPR N. 380/2001), riepiloga l’articolato percorso cui è sottesa la circolazione di in immobile abusivo tramite asta pubblica, ed al contempo gli oneri dell’aggiudicatario, ancor più ove il bene staggito sia gravato da un ordine di demolizione rimasto inevaso.
Come notorio, secondo le pregresse interpretazioni giurisprudenziali, il creditore titolare di un diritto di ipoteca, a prescindere dalla datazione del vincolo ipotecario, era comunque destinato a soccombere rispetto alla pubblica amministrazione, in ipotesi di abuso edilizio accertato, qualora in particolare l’ordine di demolizione fosse rimasto inevaso nei successivi 90 giorni (art. 31 TUE). In detta evenienza, l’acquisto a titolo gratuito operato dalla pubblica amministrazione, si diceva, era destinata a travolgere la sfera giuridica del creditore ipotecario, seppure incolpevole.
La Corte Costituzionale, sul presupposto della contrarietà all’art. 1 ter Protocollo Addizionale CEDU, con sentenza n. 160 del 3 ottobre 2024, ha dichiarato illegittimo l’art. 7, terzo comma, della legge n. 47 del 1985, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione di demolire, ed in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 53 del 1987, dell’art. 31, co. 3, primo e secondo periodo del D.P.R. n. 380/2001.
Come notorio, sul punto si contrappongono due diversi canoni normativi, ed in dettaglio, nel mentre l’art. 934 cc, e poi l’art. 2811 cc, stabiliscono il principio di accessione di quanto sopraelevato rispetto alla titolarità del suolo, l’art. 7 DPR N° 380/2001, in termini diametralmente antitetici, stabilisce che la costruzione abusiva determini la confluenza del suolo verso il manufatto, a tutto vantaggio dell’Ente pubblico.
La Corte costituzionale, proprio quando chiamata a vagliare la legittimità dell’art. 7, terzo comma, Legge n. 47 del 1985, ha avuto modo di acclarare come, l’acquisizione gratuita dell’area non è “una misura strumentale, per consentire al comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa” costituendo una sanzione autonoma correlata all’inottemperanza all’ordine ripristinatorio, che faculta l’Ente pubblico ad una scelta fra la demolizione d’ufficio e la conservazione del bene, definitivamente già acquisito, in presenza di “prevalenti interessi pubblici”” (sentenza n. 345 del 1991).
L’acquisizione gratuita è perciò la reazione dell’ordinamento alla duplice inottemperanza del privato il quale, dopo aver costruito in assenza o in totale difformità dalla concessione, si rifiuti poi anche di eseguire l’ordine di demolizione a lui impartito.
L’acquisizione dell’immobile è dunque la reazione dell’Ordinamento ad un duplice inadempimento del privato, che prescinde tuttavia dalla condotta incolpevole del creditore ipotecario, il quale verrebbe ad essere sacrificato, pur a fronte di una condotta immune da responsabilità.
Sulla scorta di tale premessa, il Giudice delle Leggi, già in passato, ha stabilito come, il proprietario estraneo all’illecito, impossibilitato in detti termini ad ottemperare all’ordine di demolizione, non può vedersi gravato da una acquisizione gratuita del bene.
La suddetta lettura ha dunque indotto a ritenere che, la tutela del creditore ipotecario, incide sulla possibilità di circolazione del bene, e pertanto, la presenza di un abuso edilizio non infirma la circolazione del bene e la tutela del credito ipotecario, le cui facoltà si fanno valere in sede espropriativa, nel rispetto della normativa urbanistico-edilizia.
Ed allora, la Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 160/2024, ha espressamente escluso che la confisca edilizia sia di ostacolo alla esperibilità della vendita forzata, nei confronti del Comune che abbia acquisito l’immobile, l’area di sedime e quella circostante, ex art. 7, terzo comma, della legge n. 47 del 1985, ciò in quanto l’Ente pubblico va considerato a tutti gli effetti quale terzo acquirente del bene ipotecato, ai sensi degli artt. 2858 ss cc.
Ecco che, la sequela procedimentale correlata alla sussistenza di un abuso edilizio inevaso dal proprietario, ricadente su un immobile gravato da ipoteca iscritta in data anteriore alle formalità sanzionatorie ex art. 31 DPR N. 380/2001, viene così a caratterizzarsi:
- qualora il Comune, divenuto terzo proprietario, dichiari la sussistenza di interessi pubblici alla acquisizione del suolo, l’ipoteca vantata dal creditore è destinata ad estinguersi;
- ove non vi sia tale dichiarazione ex art. 7 TUE, l’ipoteca perdura e l’immobile potrà essere alienato ad asta pubblica;
- nella ipotesi ultima, qualora l’immobile presenti la doppia conformità edilizia, e dunque l’aggiudicatario si trovi nelle condizioni previste dall’art. 13 L. 47/1985, oppure ancora possa ancora fruire del condono (art. 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985, e successivamente art. 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, e art. 32 decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 32), lo stesso potrà attivarsi il termine di 120 giorni, decorrenti dalla aggiudicazione, per sanare l’illecito.
- qualora l’immobile non sia sanabile né condonabile, il bene sarà trasferito all’aggiudicatario, a quel punto gravato da obbligazione propter rem di procedere alla demolizione, con tutte le conseguenza correlate, in ipotesi di inadempimento. (Corte di Cassazione, Sezioni Uniti Civili, Ordinanza 10933 del 25 Aprile 2025).

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