Abuso d’ufficio se si consente l’illegittima formazione del silenzio-assenso in materia di condono edilizio

Il Giudice di Legittimità ritiene che, pur in difetto di attività espressa (silenzio-assenso), l’Amministrazione opera un ausilio alla sequela procedimentale, che potrebbe sfociare in una indebita sanatoria di opere, all’evidenza non condonabili.  SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE III PENALE, Sentenza 6 ottobre – 17 novembre 2011, n. 42415

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 6 ottobre – 17 novembre 2011, n. 42415

(Presidente Ferrua – Relatore Squassoni)

Motivi della decisione

Il Giudice per la udienza preliminare del Tribunale di Lanciano, procedendo a sensi dell’art. 425 c.p.p., ha dichiarato non doversi procedere, perché il fatto non sussiste a carico di S.R. e C.D. per il reato di abuso di atti di ufficio (contestato sotto il profilo che gli imputati – nelle rispettive qualità di dirigente del settore urbanistico e di responsabile del procedimento-avevano illegittimamente accolto una domanda di condono procurando un ingiusto vantaggio al richiedente).

A sostegno della conclusione, il Giudice ha rilevato che gli imputati non avevano emesso alcun provvedimento sulla richiesta di sanatoria essendosi limitati a determinare le somme dovute per il condono. Inoltre, tale istanza (con la quale si chiedeva di legittimare la realizzazione di una pavimentazione in asfalto di terreno agricolo per l’utilizzo dell’area a parcheggio e servizio di pompa erogatrice di gasolio ad uso privato) era accoglibile; ciò in quanto l’art.32 c.27 legge 269/2003 non vieta modifiche di destinazione di uso in zone vincolate solo dallo strumento urbanistico locale. Il Giudice ha concluso osservando che le prove acquisite non erano modificabili in un eventuale dibattimento.

Per l’annullamento della sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica deducendo difetto di motivazione e violazione di legge. Dopo avere puntualizzato la regola di giudizio che deve guidare il magistrato nell’emettere una sentenza ex art.425 c.p.p. e puntualizzato l’iter amministrativo che è alla base del processo, rileva:

– che è inconferente la mancata adozione di un formale atto da parte del Comune perché il condono si perfeziona tacitamente per il silenzio assenso dopo la determinazione della somma dovuta, il suo pagamento ed il passaggio del tempo;

– che la sanatoria non era ammissibile perché l’opera non era conforme agli strumenti urbanistici generali in vigore nel territorio. Le censure sono meritevoli di accoglimento.

In tema di condono, il silenzio assenso ex art.32 c. 37 legge 269/2003, si forma, sempre che sussistano i requisiti normativamente richiesti per ottenere la sanatoria, in seguito: al pagamento integrale della oblazione,al versamento degli oneri accessori, al perfezionamento delle altre condizioni inserite dalla norma uniti al decorso del termine di anni due dalla presentazione della domanda senza l’adozione di provvedimenti negativi da parte del Comune. Se mancano i requisiti per un provvedimento esplicito di sanatoria, non è praticabile quello implicito con il silenzio – accoglimento. Nella ipotesi in esame, è vero che gli imputati non hanno rilasciato alcun atto formale, ma hanno posto in essere un tassello della sequela procedimentale che avrebbe potuto sfociale – nel caso in cui nessuno avesse rilevato la illegittimità – in una indebita sanatoria di opere, all’evidenza, non condonabili perché non concernevano manufatti ad uso abitativo.

Ora gli imputati, persone per la loro qualifica lavorativa esperte nel settore edilizio, avrebbero dovuto ictu oculi rilevare che mancavano i requisiti per la sanatoria e che la relativa domanda era da respingere; di conseguenza, il loro comportamento, posto in essere in violazione di legge, faceva sorgere, quanto meno, un qualificato sospetto e poteva costituire un indizio significativo del fine di fare conseguire un indebito vantaggio patrimoniale del richiedente la sanatoria ; tale aspetto della situazione non è stato esaminato nell’erroneo presupposto che l’intervento fosse condonabile. Pertanto, merita un nuovo esame la conclusione del Giudice secondo il quale le emergenze acquisite non potevano essere consolidate nell’ulteriore corso di giustizia e che il caso non richiedeva l’approfondimento ed il vaglio della fase dibattimentale.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Lanciano.

 

 

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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza

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