Danni morali sempre dovuti in caso di esproprio illegittimo, anche laddove l’amministrazione pubblica non si avvalga del meccanismo di previsione sanante.

Per il TAR Calabria (che ha accolto il ricorso di chi scrive), alla domanda di ristoro per equivalente  formulata dal privato per la perdita del diritto di proprietà, deve far seguito la condanna dell’amministrazione utilizzatrice dell’area, in una misura comprensiva non soltanto del valore venale dell’area, ma pure del danno morale, previsione ultima da quantificare nella misura del 10% del pregiudizio patrimoniale.  Pur essendo il meccanismo sanante di cui all’art. 42 bis un favor accordato agli Enti Pubblici -consentendo loro di ovviare alla restituzione coatta delle aree medio tempore trasformate, mediante apposita liquidazione di indennizzo- la discrezionalità insita nella richiamata previsione del Testo Unico Espropri non esclude applicare i criteri di computo del danno ivi contenuti, nelle ipotesi in cui il subiectus abbia da subito formulato richiesta di tutela per equivalente. T.A.R. Calabria, Sezione Seconda, Sentenza 3 Agosto 2012,  N° 857.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1073 del 2008, proposto da:
Gilda Orrico, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Noto, con domicilio eletto presso Francesco Noto in Cosenza, via Sicilia, 29; Immacolata Orrico, Pasqualina Orrico;

contro

Comune di Cosenza in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. Nicola Carolillo, con domicilio eletto presso Vincenzo Genovese in Catanzaro, via V. Ciaccio, 7;

per il risarcimento dei danni da occupazione sine titulo

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Cosenza in Persona del Sindaco P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 luglio 2012 il dott. Emiliano Raganella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso in riassunzione ritualmente notificato e depositato in data 14 ottobre 2008, le ricorrenti esponevano di essere comproprietarie di un terreno ubicato in località via Sicilia-via Montevideo di Cosenza, esteso per mq 585. Tale terreno era stato oggetto di acquisizione da parte del Comune di Cosenza per la costruzione degli impianti sportivi polivalenti, approvati con delibera di Giunta n. 1093 del 24.1.1993.

L’amministrazione, in data 15.4.1996, con decreto n. 136, emetteva il decreto di occupazione temporanea cui seguiva l’immissione in possesso e l’offerta di indennità di espropriazione nella misura di £ 25.000 per m.q., importo che non veniva accettato dalle ricorrenti. Il Comune non definiva il procedimento con l’emissione del decreto di espropriazione.

Le sigg. re Orrico proponevano azione risarcitoria dinanzi al Tribunale ordinario di Cosenza che, con sentenza n. 789/2005, depositata in data 15 aprile 2008, declinava la giurisdizione in favore del giudice amministrativo; seguiva l’odierno ricorso in riassunzione.

Si costituiva in giudizio il Comune di Cosenza chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza del 20 luglio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

Il Comune di Cosenza eccepisce in via preliminare la prescrizione dell’azione risarcitoria vertendosi nel caso di specie in materia di occupazione acquisitiva, stante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera contenuta nella deliberazione n. 1093 del 28.8.1995 ove erano fissati il termine iniziale e finale dei lavori.

L’eccezione è infondata.

Sulla decorrenza del termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno da occupazione sine titulo, si registrano sostanzialmente due orientamenti assunti dalla giurisprudenza amministrativa, la cui applicazione, nel caso di specie, esclude la prescrizione dell’azione risarcitoria.

Secondo una giurisprudenza risalente “- nel caso di irreversibile utilizzazione del suolo per finalità pubbliche avvenuta, come pacificamente nella specie, in pendenza della occupazione legittima (non seguita da rituale e tempestiva espropriazione) – il dato temporale di riferimento, per la collocazione dell’effetto appropriativo e per la conseguente determinazione del valore del bene ai fini risarcitori della correlativa perdita da parte del proprietario, è non già legato al momento della irreversibile trasformazione dell’immobile sebbene a quello successivo di scadenza del termine di occupazione legittima”( Cons. stato sez. IV 26 settembre 2008 n. 4660; Cons. Stato 10 novembre 2003 n. 7135; Cass. n. 6825/1994).

Nel caso di specie l’irreversibile trasformazione del fondo deve presumersi avvenuta in data 24 giugno 1997, per quanto emerge dal certificato di ultimazione dei lavori dell’impresa Spizzirri con cui si attestava la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria stradale e dell’impianto sportivo in via Sicilia e via Montevideo. Orbene tale ultimazione si colloca durante il periodo di occupazione legittima del bene, avvenuta con decreto di urgenza del 15.4.1996 e avente durata di cinque anni. Il dies a quo del termine di prescrizione, dunque, ha inizio con la scadenza del termine di occupazione legittima ovvero il 15 aprile 2001, mentre l’atto di citazione è stato notificato in data 26 novembre 2004, quindi, entro il termine quinquennale di prescrizione.

L’altro orientamento, di più recente emersione, sostiene che la permanenza della situazione di abusiva occupazione impedisce di determinare puntualmente il dies a quo di un’eventuale prescrizione. Tale termine inizierà a decorrere a seguito dell’adozione di un formale provvedimento espropriativo o di specifico accordo traslativo o di apposita acquisizione sanante (C.G.A. 20 novembre 2008 n. 946; Cons. Stato sez IV n.258272007). Nel caso di specie, non essendo intervenuto nessuno di questi tre atti, il termine di prescrizione non è iniziato a decorrere.

Nel merito, la responsabilità del Comune per l’ablazione di fatto del terreno di proprietà delle ricorrenti non è in alcun modo contestata dall’amministrazione resistente.

Il Comune, invero, contesta la liquidazione del danno richiesta dalle ricorrenti in relazione al valore di mercato del bene, posto che l’esiguità del terreno non avrebbe consentito un diverso utilizzo del bene diverso da quello per cui ha avuto corso la procedura espropriativa.

A tale proposito le ricorrenti producono una perizia tecnica estimativa con cui si determina il valore del terreno in euro 450,00 per mq.

Occorre innanzitutto premettere che la realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni. A tale riguardo la giurisprudenza, dalla quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, ha affermato che il proprietario del fondo illegittimamente occupato, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell’occupazione e l’annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare sia il risarcimento, sia la restituzione, previa riduzione in pristino, e che solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione, ora ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. 327/2001, può limitarne il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni (Cons. Stato sez. IV 4833/2011).

Detta disposizione, sul presupposto che la perdita della proprietà non possa collegarsi se non ad un atto di natura contrattuale o autoritativa, attribuisce all’Amministrazione, qualora si sia verificata una sostanziale perdita della disponibilità del bene in capo al privato, il potere di acquisire la proprietà dell’area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale (in sostanziale sanatoria), al termine del procedimento legale nel corso del quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto.

Nel caso in esame, il Comune di Cosenza non ha ritenuto di acquisire la proprietà dell’area illegittimamente trasformata mediante formale atto di acquisizione sanante a mente del citato art. 42 bis D.P.R. 327/2001.

In conclusione, affinché possa perfezionarsi il trasferimento della proprietà del fondo occupato sine titulo, su cui è stata realizzata un’opera pubblica, e che costituisce la sola condizione legittimante la mancata restituzione, è necessario che l’Amministrazione si avvalga dell’art. 42-bis del T.U. E., fatto sempre salvo il ricorso alternativo ai possibili strumenti di natura privatistica, come la stipula di un contratto di acquisto avente anche funzione transattiva, ovvero con la riattivazione del procedimento espropriativo in sanatoria con le relative garanzie (Cons. Stato, sez. V 31 ottobre 2011 n. 5813).

Tanto esposto, va precisato che, in questa sede, le ricorrenti si sono limitate a chiedere la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione di una somma di denaro commisurata al valore venale del bene, come risarcimento del danno per la perdita della proprietà del terreno.

La domanda medesima può essere accolta subordinandola alla previa conclusione di un accordo per la cessione del bene in favore dell’Amministrazione.

Deve essere pertanto dichiarato il dovere dell’Amministrazione di addivenire a un accordo transattivo con le ricorrenti che determini il definitivo trasferimento della proprietà del suolo occupato accompagnato dal corrispettivo che le parti dovranno concordare per la cessione della proprietà.

Relativamente alla quantificazione del risarcimento del danno, il Collegio ritiene di dover provvedere ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., non risultando al riguardo alcuna espressa opposizione delle parti.

Sotto tale ultimo profilo, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7 T.U.E.

Dovrà aversi riguardo al valore di mercato dell’immobile, non già alla data di trasformazione dello stesso (non potendo più individuarsi in tale data, una volta venuto meno l’istituto della c.d. accessione invertita, il trasferimento della proprietà in favore dell’Amministrazione), e nemmeno a quella di proposizione del ricorso introduttivo (non potendo ravvisarsi in tale atto un effetto abdicativo), bensì alla data in cui sarà adottato il citato atto transattivo, di qualsiasi tipo, al quale consegua l’effetto traslativo de quo.

Tale valore di mercato dovrà essere aumentato del 10 % a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, secondo il criterio recato dall’art. 42 bis del TU sulle espropriazioni per la determinazione dell’indennizzo dovuto in caso di acquisizione coattiva del bene da parte della P.A., criterio applicabile, per analogia, alla fattispecie risarcitoria.

In tal senso, e conclusivamente, l’Amministrazione dovrà formulare un’offerta risarcitoria e addivenire ad un accordo con la parte ricorrente per la determinazione del corrispettivo della cessione secondo il criterio innanzi indicato.

La determinazione del valore venale dei terreni dovrà avvenire d’intesa tra le parti, le quali potranno eventualmente affidare il relativo incarico estimativo ad un tecnico di comune fiducia, con oneri a carico dell’amministrazione intimata.

In mancanza di quanto sopra, il tecnico potrà essere nominato – su richiesta di una delle parti – dal prefetto di Cosenza, sempre con oneri a carico dell’amministrazione.

La domanda pertanto deve essere accolta.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Ordina all’amministrazione di addivenire a un accordo transattivo con le ricorrenti che determini il definitivo trasferimento della proprietà del suolo occupato accompagnato dal corrispettivo che le parti dovranno concordare per la cessione della proprietà secondo i criteri indicati in motivazione.

Condanna l’amministrazione alla refusione delle spese di lite che liquida in complessive € 1.500, (millecinquecento) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Massimo Luciano Calveri, Presidente

Giovanni Iannini, Consigliere

Emiliano Raganella, Referendario, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/08/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza

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