La prescrizione del reato, se maturata già in primo grado ed accertata dal giudice di appello, determina la revoca delle statuizioni civili in favore delle persone offese

La Corte di Legittimità compone un risalente contrasto circa gli effetti delle statuizioni civili assunte dal giudice di primo grado, nelle ipotesi in cui in sede di appello, a seguito di diversa riqualificazione del reato, la corte di secondo grado si avveda essere maturata la prescrizione ancor prima di adottarsi la originaria statuizione di condanna. Sul punto si sono ad oggi contrapposti due differenti indirizzi esegetici: secondo un primo orientamento il giudice di secondo grado, seppure riqualificato il reato e dichiarata la intervenuta prescrizione già nelle more del giudizio di primo grado, deve comunque pronunciarsi sui capi civili della sentenza, in aderenza al criterio dettato dall’art. 578 cpp. A tale lettura se ne contrappone altra, tesa di contro ad affermare l’obbligo nella fase di gravame di revocarsi le misure risarcitorie, presupponendo il citato art. 578 cpp una valida declaratoria di condanna assunta in prima sede. L’organo nomofilattico, nella massima composizione, ritiene aderire a tale soluzione, valorizzando la netta contrapposizione tra il giudizio civile e penale -il primo non più in rapporto di pregiudizialità-, e comunque la più accentuata accessorietà che assume la parte civile, destinata a subire gli adattamenti del processo penale. Il marcato solco tra le due sfere di tutela, l’esigenza di speditezza del giudizio penale -impiantato sul dualismo imputato/pubblica accusa- precludono potersi affermare la possibilità di far convivere una pronuncia di proscioglimento dell’imputato ed un capo civile di condanna. Anche alla stregua degli insegnamenti impartiti dalla Corte Costituzionale, la tutela della parte civile non è compromessa da tale meccanismo revocatorio, atteso che la netta autonomia tra i due giudizi consente comunque alla persona offesa perseguire i propositi di tutela dinanzi al giudice civile, ed in detti termini le scelte operate dal legislatore, secondo quanto sancito dalla CEDU, non possono neppure ritenenti contrastanti con le fonti sovranazionali (Cassazione Penale, Sentenza 39614 del 19 Ottobre 2022).

Studio Legale Avvocato Francesco Noto Cosenza Napoli

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