La Corte di Cassazione torna a vagliare la tematica del rogito fondiario asseritamente affetto da usura, sancendo ancora una volta gli stringenti limiti entro cui può operare la declaratoria di nullità delle pattuizioni volte a fissare la misura degli interessi corrispettivi e moratori.
Il caso, tutt’altro che infrequente, riguardava la stipula di un contratto di finanziamento fondiario, di importo pari ad Euro 180.000,00, da restituire in 24 annualità. Nelle more del piano di ammortamento, il mutuatario ha inteso adire il Tribunale di Roma, sostenendo essere la pattuizione viziata in ordine al saggio degli interessi, da ritenere integralmente indebiti, anche per effetto della mancata indicazione nel corpo negoziale dell’indice sintetico di costo -ISC- dell’operazione finanziaria.
Il Tribunale di Roma ha disposto CTU, ed il nominato ausiliare ha escluso superarsi la soglia usura per tempo vigente; il Primo Giudice, facendo propri gli esiti contabili, ha respinto la domanda di indebito, escludendo altresì la predicata necessità di cumulare ai fini in analisi gli interessi corrispettivi e moratori. Veniva del pari respinta la inosservanza del divieto di anatocismo, correlato dall’originario attore al tipologia di ammortamento alla francese. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte d’Appello, che escludeva del pari la pretesa nullità ex art. 117 TUB per omessa indicazione del TAEG nel finanziamento fondiario, ed altresì la estraneità delle penali ai fini del computo del TEG.
Il mutuatario ha così promosso ricorso per cassazione, riproponendo tutti i motivi di diritto volti a sostenere la nullità delle intercorse pattuizioni, e ciò al fine di perorare la indebita percezione di interessi, una volta sancita la necessità di convertire il rogito fondiario in contratto a titolo gratuito ex art. 1815 cc.
La Corte di Legittimità ha respinto tutti e quattro i motivi di ricorso, ed ha così riepilogato la infondatezza di un approccio sul punto sempre più rispondente ad un usuale format argomentativo.
Viene innanzitutto disatteso l’asserito divieto di anatocismo ex art. 1283 cc, correlato al regime finanziario del piano di ammortamento alla francese -ovvero un piano di rimborso con rata costante, caratterizzato da una quota interessi originariamente molto alta, e via via decrescente, ed un capitale con una progressione algebrica diametralmente opposta-, contenente a detta dell’interesse un computo larvato di interessi, applicati ad anteriore interessi scaduti. Sul punto, come notorio, già si è espressa in termini antitetici la Corte nella massima composizione (Sezioni Unite, sent. N. 15130/2024, conf. Ordinanza 8322/2025), stabilendo come, nel caso di c.d. ammortamento alla francese, non si verifica alcuna produzione di interessi su interessi, calcolati sul solo capitale; questo perché, “nel piano concordato tra le parti la restituzione del capitale è ritardata per la necessità di assicurare la rata costante (calmierata nei primi anni) in equilibrio finanziario, il che comporta la debenza di più interessi corrispettivi da parte del mutuatario a favore del mutuante per il differimento del termine per la restituzione dell’equivalente del capitale ricevuto”.
Viene pure respinta la metodica di calcolo degli interessi, nella misura in cui il mutuatario ha preteso cumulare gli interessi corrispettivi e moratori, per poi raffrontare da ultimo il quoziente algebrico alla soglia di rilevazione periodica.
Tale sommatoria, seppure prevista in contratto, viene ritenuta indebita ai fini in analisi, una volta consolidata la regola che sancisce l’eterogenea genesi e causale degli interessi corrispettivi e moratori, questi ultimi costituenti una penale correlata alla ipotesi di inadempimento. Operato siffatto inquadramento concettuale, si tratta di operare uno scrutinio separato, che impone assoggettare i primi ai rilievi ex art. 2, comma quarto, L. N° 108/1996; per gli interessi moratori, di contro, ove non citati nella rilevazione dei decreti ministeriali, si dovrà comparare il tasso effettivo globale, aumentato della percentuale di mora, con il TEGM del periodo di riferimento.
Le medesime ragioni enucleate per il saggio moratorio inducono la Corte di Cassazione a respingere il terzo motivo di ricorso, ed a escludere la possibilità di estendere il rilievo del TEG alle clausole penali.
La clausola penale e gli interessi moratori, pur avendo elementi in comune, assolvono differenti funzioni, in quanto la prima ha una funzione sanzionatoria e risarcitoria del danno, convenuta previamente con il limite della manifesta eccessività. Ed allora, nel mentre gli interessi moratori sono da assoggettare, pur con le specifiche peculiarità di computo, alla comparazione con il TEG, le clausole penali sono escluse da tale scrutinio, operando in ipotesi di eccessiva onerosità non già la scure della nullità usuraria, bensì la riduzione ad equità (principio già sancito dalla Corte di Cassazione con Ordinanza N. 5379/2023).
Da ultimo la tematica del TAEG, a detta del ricorrente cagione di nullità del finanziamento fondiario, in ipotesi di mancato inserimento nel corpo negoziale. Di contrario avviso la Corte adita, che ricorda il diverso e consolidato orientamento. L’indice sintetico di costo -ISC- non rientra nel novero dei tassi, prezzi e altre condizioni, la cui omessa previsione per iscritto dei quali è sanzionata con la nullità sostitutiva ex art. 117 del d.lgs. n. 385 del 1993. Si tratta di un mero documento di sintesi, destinato ad assolvere una mera funzione informativa, senza rientrare nel contenuto strutturale delle obbligazioni contrattuali (Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Ordinanza N. 17171 del 25 Giugno 2025).

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