Riconoscimento titoli esteri

L’atavico conflitto tra gli i soggetti muniti di titoli esteri ed il Ministero della salute registra una importante presa di posizione da parte del Consiglio di Stato in favore dei primi, all’esito di una pronuncia che ha ribaltato un primo verdetto negativo del TAR Lazio.

La vicenda contenziosa prende piede dal diniego frapposto dal Ministero della Salute alla richiesta di mutamento della misura compensativa cui era stato subordinato il riconoscimento del titolo di igienista dentale conseguita in altro stato dell’Unione (nel caso di specie la Spagna).

Per riconoscere il suddetto titolo, il Ministero della Salute aveva richiesto al candidato una misura compensativa, alternativamente costituita da una prova attitudinale o da un tirocinio di adattamento per 24 mesi presso una Università Italiana. La specializzanda aveva optato per la prova attitudinale, ma dopo molteplici ed infruttuosi tentativi di superamento della prova, è tornata sui suoi passi, ed ha chiesto procedersi tramite tirocinio biennale; il Ministero ha tuttavia negato tale ripensamento postumo adducendo non essere annoverata dalla normativa di riferimento (art. 23 D. L.vo N° 206/2007 e DM N° 268/2010).

Avverso il suddetto diniego la specializzanda ha interposto ricorso con esito negativo ricorso al TAR Lazio, che ha ritenuto corretto il responso del Ministero, nella professata irrilevanza di un diverso approccio seguito in passato dalla Amministrazione statale.

L’originaria ricorrente ha così reiterato le censure dinanzi al Supremo Consesso Amministrativo, lamentando altresì la inosservanza della normazione sovranazionale, volta a favorire il riconoscimento delle qualifiche professionali, ostacolate di contro dal Ministero.

A tanto ha aggiunto la migliore portata formativa del tirocinio, rispetto alla prova attitudinale, sostanziandosi la prima in un vero e proprio corso universitario.

Il Consiglio di Stato ritiene l’impugnativa fondata e pertanto illegittimo il diniego serbato dal Ministero. E’ ritenuto a tal fine dirimente il contenuto degli articoli 45 e 49 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), che impone ai paesi membri adottare una lettura elastica delle norme interne, al fine di non ostacolare alle liberta di circolazione delle persone e di stabilimento.

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con più pronunce, ha sancito l’Obbligo per gli stati membri di valutare l’insieme dei diplomi, dei certificati e di tutti i titoli, e la disciplina interna deve tendere a favorirne il relativo riconoscimento, e non già a rendere difficoltoso l’epilogo della fase formativa (sentenze N° C298/2014; C634/2020).

Le argomentazioni addotte dal Ministero non hanno convinto il Consiglio di Stato, né in ordine al dedotto profilo organizzativo (in alcun momento deputato ad incidere sul buon andamento della pubblica amministrazione), e neppure in ordine ai profili formali.

Circa tale ultimo profilo, la scelta della candidata di optare per un più duraturo ciclo universitario, costituisce nello specifico caso l’unica opzione per accedere alla professione, non passibile di essere ostacolata con una lettura irragionevole della norma interna: l’art. 23 bis, comma 2, D. L.vo N° 207/2006 pone in capo all’Autorità preposta il compito di individuare “il numero di ripetizioni cui ha diritto il richiedente, tenendo conto della prassi seguita per ciascuna professione a livello nazionale e nel rispetto del principio di non discriminazione”. Tutto ciò non è stato acclarato dal Ministero della Salute, e neppure la metodica seguita per ciascuna professione e a livello nazionale (comma 2 bis norma citata).

Altrettanto effimero è stato ritenuto l’impatto negativo generato da un cambio della misura compensativa: per il Consiglio di Stato tale approccio non adultera il canone di efficienza ex art. 97 Cost., ma soprattutto si rivela contrastare la citata esegesi sovranazionale, che ha circoscritto alla tutela della salute pubblica l’unico motivo imperativo di interesse generale idoneo ad avallare una misura restrittiva della libertà di circolazione.

Il ripensamento dello specializzando è del tutto legittimo e non può essere ostacolato dal Ministero della Salute (Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza N° 100, 8 Gennaio 2025).

Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli

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