CLAUSOLE ABUSIVE FALLIMENTO

Anche il Giudice del fallimento -ovvero della liquidazione giudiziale- deve potere valutare il carattere abusivo della clausola, adottando misure di protezione del debitore fallito, in pendenza del giudizio avente ad oggetto la natura abusiva della clausola.

Prosegue il percorso intrapreso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nell’ottica di un potenziamento del principio di tutela del consumatore, il quale abbia per tempo sottoscritto un contratto recante una o più clausole abusive.

Come notorio, dopo avere sancito per tempo la possibilità per il giudice dell’esecuzione di scrutinare il contenuto di un contratto, pur a fronte di un titolo esecutivo vantato dal creditore [sentenze CGUE, emesse dal Collegio della Grande Sezione in data 17 maggio 2022 -sentenza in C-600/19, Ibercaja Banco; sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C-831/19, Banco di Desio e della Brianza; sentenza in C-725/19, Impuls Leasing Romania; sentenza in C-869/19, Unicaja Banco; sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C-831/19, Banco di Desio e della Brianza, queste ultime a seguito di rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Milano con ordinanze del 10 agosto 2019 e del 31 ottobre 2019. A tali sentenze si è poi allineata la Corte di Cassazione con sentenza Sezioni Unite N. 9479/2023], il Giudice dell’Unione si incentra questa volta sui rapporti tra la possibile sussistenza di clausole vessatorie, confluenti in un contratto sottoscritto dal consumatore -escusso da un Istituto di credito-, e la pendenza di una procedura fallimentare.

In dettaglio, un soggetto fisico ha sottoscritto con una banca un mutuo fondiario, indicizzato al franco svizzero, salvo poi essere dichiarato fallito. Nell’ambito della procedura concorsuale, la maggior parte dei crediti era proprio composto dal suddetto rogito fondiario, ed il giudice dello stato membro (Polonia) si interroga sulla possibilità per il giudice fallimentare di scrutinare il carattere la natura abusiva, pur a fronte di un attivo concorsuale non opposto, ed altresì le possibili misure di protezione, in attesa del suddetto scrutinio, da parte del Giudice fallimentare ovvero di altro organo.

Da qui il duplice rinvio pregiudiziale, così argomentato:

1)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale la quale prevede che il giudice fallimentare sia vincolato dall’elenco dei crediti approvato dal giudice commissario nella procedura di insolvenza, impedendo così a tale giudice fallimentare, che pronuncia la decisione finale nella procedura, di effettuare una valutazione delle clausole contrattuali sotto il profilo del loro eventuale carattere abusivo.

2)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che non consente di concedere provvedimenti provvisori nell’ambito di una procedura di insolvenza, e che, pertanto, può avere l’effetto di dissuadere i consumatori dall’avvalersi della tutela loro conferita dalla direttiva [93/13].

Come notorio, l’articolo 6, paragrafo 1, direttiva 93/13, costituisce una disposizione imperativa, da considerare una norma equivalente alle disposizioni nazionali, le quali assurgono nel diritto dei singoli stati membri a principi di ordine pubblico (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. C 154/15, C 307/15 e C 308/15, EU:C:2016:980).

Il giudice nazionale, in detti termini, è tenuto a scrutinare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nel perimetro di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine.

L’art.7 della citata direttiva, in combinato disposto con il considerando N. 24, impone agli stati membri accordare strumenti efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Nel caso specifico, sembravano ostare alla effettiva attuazione del principio comunitario la mancata opposizione del debitore, ed altresì la mancanza di uno specifico strumento normativo interno volto a consentire al giudice fallimentare uno scrutinio postumo della connotazione abusiva della clausola. La Corte dell’Unione Europea ha più volte sancito come l’osservanza del principio di effettività non può giungere al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato.

Sul punto, è tuttavia dirimente il fatto che, la tutela che la direttiva 93/13, si estende ai casi in cui il consumatore, il quale abbia stipulato con un professionista un contratto contenente una clausola abusiva e si astenga dall’invocare, da un lato, il fatto che tale contratto rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva e, dall’altro, la natura abusiva della clausola in questione, perché ignora i suoi diritti o perché viene dissuaso dal farli valere a causa delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe oppure dell’onere finanziario di cui dovrebbe farsi carico.

Anche in ordine al secondo punto, una volta acclarata la possibilità di scrutinare la natura abusiva della clausola confluente in un contratto escusso nella sede fallimentare, deve parimenti prevedersi uno strumento di protezione per il consumatore, e ciò in quanto, in applicazione della citata direttiva 93/13, la tutela del soggetto debole deve essere effettiva, ovvero caratterizzata da un elevato livello di protezione.

Alla stregua di quanto sopra la CGUE ha applicato la soluzione interpretativa più favorevole alle ragioni del debitore fallito, ed ha così statuito:

a) ostano a una normativa nazionale la quale preveda che, nell’ambito di una procedura fallimentare relativa a persone fisiche, dopo che l’elenco dei crediti sia stato approvato da un organo giurisdizionale, senza che lo stesso abbia esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, e dopo che la procedura sia stata avviata dinanzi al tribunale fallimentare, quest’ultimo sia vincolato da tale elenco, sicché non può valutare il carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto di mutuo sul quale si fonda un credito iscritto in detto elenco, né modificare tale elenco, ma deve sospendere la procedura e rimettere al suddetto organo giurisdizionale la questione del carattere eventualmente abusivo di tali clausole.

b) ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura fallimentare relativa a persone fisiche, non preveda la possibilità, per il tribunale fallimentare, di disporre provvedimenti provvisori diretti a regolare la situazione del fallito in attesa di una decisione che concluda l’esame del carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto di mutuo su cui si fonda un credito iscritto nell’elenco dei crediti approvato da un altro organo giurisdizionale, senza che quest’ultimo abbia esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sentenza 3 Luglio 2025, Procedimento 582 2023).

Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Roma Napoli Cosenza

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