Giurisdizione italiana per le attività di consulenza nella stipula di un contratto di derivati, seppure convenuta nella relativa stipula la titolarità del giudice straniero.

La Corte di Legittimità torna sulla tematica dei contratti di derivati stipulati dalle amministrazioni pubbliche con un proposito deflattivo del debito pubblico, poi rivelatisi strumenti incontrollati di aumento esponenziale del debito. Nel caso specifico un ente territoriale italiano, dopo una prima emissione di obbligazioni, si è rivolto ad una società operante nel campo della finanza, affinché quest’ultima prestasse la dovuta consulenza nel controllo dell’indebitamento. I due soggetti addivennero alla definitiva stipula di un contratto di interest rate swap (IRS), il quale ha registrato un epilogo contabile del tutto nefasto. Da qui l’avvio di apposita azione giudiziaria da parte del soggetto pubblico, tesa ad ottenere in via principale la declaratoria di inadempimento degli obblighi di consulenza convenuti, in uno al risarcimento del danno, ed in via gradata la nullità del contratto di swap, ed in forma ulteriormente subordinata la risoluzione del medesimo sinallagma. Nel resistere alla domanda attorea, ha eccepito la società finanziaria il difetto di giurisdizione del giudice italiano, alla stregua degli accordi fissati nel suddetto contratto di swap, contenente richiamo ad apposito clausolario (denominato ISDA), teso (art. 13) a radicare la giurisdizione del giudice britannico per ogni tipologia di controversa comunque correlata agli effetti del sinallagma. Una volta reietta l’eccezione da parte del giudice italiano, la società finanziaria ha adito la Corte di Legittimità per regolare la giurisdizione, e ciò sul presupposto che il raccordo tra la domanda principale e quelle accessorie, così come strutturata dall’originario attore, costituirebbe un banale espediente per eludere gli accordi fissati dalle parti sulla giurisdizione straniera.  Di tutt’altro avviso il Giudice nomofilattico: dopo avere rammentato il principio granito, volto a fissare la disamina della giurisdizione sulla scorta della sola domanda principale (e dunque nella irrilevanza del petitum gradato), ha statuito la Corte gli eterogenei contenuti del contratto di consulenza e del contratto di derivati, senza presentare le stipule alcun nesso di pregiudizialità. La responsabilità per violazione degli obblighi informativi precontrattuali da parte dell’intermediario o del consulente, infatti, ben può sussistere anche quando per suo tramite o su sua proposta venga stipulato un contratto perfettamente valido ed efficace, ma inadeguato (violazione della c.d. know your customer rule). Difettando un vincolo di pregiudizialità ex art. 276 cpc, comma II°, l’ordine delle domande costituisce facoltà insindacabile della parte processuale. Ed allora, l’International Swap and Derivatives Association (ISDA) nel pubblicare una raccolta di clausole standard applicabili ai contratti derivati, denominata “the ISDA Clause Library”, ha previsto la giurisdizione inglese all’art. 13, la quale tuttavia non riguarda le domande extracontrattuali e precontrattuali (Corte di Cassazione, Sezioni Uniti Civili, sentenza 29 Maggio 2023, N° 14939).

Studio legale Avvocato Francesco Noto Cosenza Napoli

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