La certificazione unica rilasciata dal datore di lavoro non dimostra l’avvenuta erogazione del TFR

La Corte di Legittimità ribalta le conclusioni cui erano pervenuti i giudici di merito (dapprima il Giudice Delegato in sede di ammissione al passivo fallimentare; di seguito il Tribunale adito in sede di opposizione ex art. 98 RD N° 267/1942), secondo cui la formazione del certificato unico, da parte di un datore poi fallito, determinasse un implicito riscontro di avvenuta erogazione degli importi ivi contemplati, la cui mendacia avrebbe dovuto essere perseguita dinanzi agli organi requirenti. Ben più argomentato e condivisibile il responso dell’Organo Nomofilattico. Le buste paga ed il CU, si statuisce, costituiscono prova documentale ex art. 2704 cc nei confronti del fallimento, ma non dimostrano l’avvenuto pagamento, in difetto di apposita quietanza rilasciata dal lavoratore (fattispecie cui può intuibilmente assimilarsi il documento bancario). La diversa lettura palesata nelle sedi di merito denota un duplice errore esegetico, perché non solo sovverte l’usuale riparto probatorio (una volta divenuta la certificazione unica quale fatto estintivo del diritto), ma perché consente ad una parte processuale di avvalersi dei benefici di un documento dalla medesima prodotto, seppure contestato (Cass. 23 giugno 1997, n. 5573; 24 giugno 2000, n. 9685; 27 aprile 2016, n. 8290). Ed allora, per la Corte è certamente valevole la regola più volte dettata, secondo cui chi produce un documento non può scinderne il contenuto ed invocare solo i fatti favorevoli, negando quelli contrari, salvo avere al momento della produzione documentale dedotto prove idonee a contestare le circostanze sfavorevoli da esso desumibili. (Cass. Civ., sent. N° 4993/1981 3383/1983 e 7726/1990). Il criterio di inscindibilità del documento vale tuttavia solo per i documenti formati da terzi rispetto alla parte che pretende avvalersi dei loro effetti favorevoli: in detta evenienza, si è detto, la parte che esibisce il documento espungere le sole circostanze ad essa favorevoli, salvo attivare i meccanismi processuali anzidetti. Di contro, quando il documento è formato direttamente da una delle parti in causa, la portata del documento è ben più circoscritta, e rivive nella sua pienezza il principio informatore secondo cui la parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa, anche se versato in atti dalla controparte per provare i fatti costitutivi del proprio diritto (Cassazione Civile, Sezione I, sentenza 12 Luglio 2023, sentenza N° 19820).

Studio Legale Avvocato Francesco Noto Cosenza Napoli

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