Gli studi di settore possono essere superati dal ripianamento delle perdite da parte dell’impresa.

La Corte di Cassazione, al pari del giudice d’appello, boccia il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, e ritiene del tutto congrua e coerente la dichiarazione dell’imprenditore che, a fronte di una attività economica in forte perdita, provveda a ripianare le passività mediante copertura contabile attinta da altre società del gruppo. In dettaglio, l’Agenzia delle Entrate rettificava i dati della dichiarazione ai fini IVA, IRES ed IRAP, in quanto del tutto difformi dallo specifico studio di settore, da cui divergeva di molto, per riportare la dichiarazione medesima costi (circa Euro 2.000.000,00) esponenzialmente superiori ai ricavi (appena Euro 50.000,00). Il contribuente giustificava tale divario numerico con la criticità dello specifico settore merceologico nell’anno di imposta, evidenziando altresì avere ripianato le perdite afflussi di danaro provenienti da altre società del gruppo. Tale impianto contabile veniva ritenuto del tutto legittimo nei gradi di merito, e l’Ufficio impositore ha così adito la Corte di Legittimità, articolando più motivi di ricorso, tesi nel coacervo a lamentare la illogicità dell’impianto motivo ed al contempo l’inosservanza degli oneri probatori. Entrambi i motivi sono stati disattesi. Dopo avere condiviso l’approccio operato dai giudici di merito, la Corte di Legittimità ha rammentato l’effetto precipuo degli studi di settore sul versante probatorio; la divergenza della dichiarazione dal suddetto cluster onere l’imprenditore a giustificare le ragioni di un diverso approdo contabile, offerto il quale spetta poi all’Ufficio fiscale dimostrare la perdurante incongruenza delle esimenti addotte, e dunque la piena operatività degli studi di settore. Non sussiste in detti termini alcuna inosservanza del canone codicistico da parte del giudice che abbia seguito tale metodica di lettura, atteso integrare la censura articolata solo la adulterazione di tale riparto. Al di fuori di tale evenienza, il vizio ha diritto di cittadinanza nella sede contenziosa solo se teso a denunciare la sentenza che attenga elementi di prova non allegati dalle parti, ma in alcun caso la non condivisa ponderazione del quadro istruttorio operato dal giudice (Cassazione Civile, sezione V, sentenza 12 Luglio 2023, N° 19975).

Studio Legale Avvocato Francesco Noto Cosenza Napoli

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