I diritti di uso civico non ammettono estinzione tacita, imponendo adottare un provvedimento amministrativo di cessazione del vincolo collettivo

Si conclude con un nuovo intervento delle Sezioni Unite la remota querelle riguardante i diritti di uso civico -fattispecie di dominio collettivo accostata dal Massimo Organo ai beni demaniali, di cui si ritiene costituiscano una particolare categoria-, con una pronuncia tesa ad escludere la possibilità di predicare la sdemanializzazione tacita. Giova rammentare come sulle medesime posizioni si è attestato il Giudice delle leggi, chiamato alcuni anni addietro a sindacare la legittimità costituzione della Legge Regione Calabria N° 18/2007 (tesa proprio a regolamentare i diritti di uso civico), nella parte in cui professava la estinzione implicita della promiscuità collettiva registrata in zone a vocazione industriale. In detta evenienza la Corte Costituzionale, con sentenza N° 71/2020 ha escluso la obliterazione implicita dei gravami civici per effetto della trasformazione del territorio, stante la natura demaniale del bene. Sotto diversa declinazione, la fattispecie si è riproposta in ambito espropriativo, allorquando il bene è gravato da promiscuità collettiva. Sul punto si era già espressa la Corte di legittimità, nei seguenti termini: “Qualora i beni appartenenti a privati, sui quali si esercita l’uso civico, vengano espropriati per pubblica utilità prima della liquidazione prevista dalla legislazione in materia (legge 16 giugno 1927, n 1766 e r.d. 26 febbraio 1928, n 332) le ragioni derivanti dai diritti di uso civico si trasferiscono sulla indennità di espropriazione. Se, invece, l’uso civico si esercita su beni appartenenti alla collettività (terre possedute dai comuni, frazioni di comune, comunanze, partecipanze, università ed altre associazioni agrarie), il regime di inalienabilità e di indisponibilità cui i beni stessi sono assoggettati – e che permane, per quelli concessi in enfiteusi, fino all’eventuale affrancazione, e per quelli conservati ad uso civico fino al decreto del ministro dell’agricoltura che ne autorizza l’alienazione – comporta che i beni anzidetti non sono espropriabili per pubblica” (SU, sent. N° 1671/1973). Canone di lettura nuovamente attinto nel recente arresto, alla luce della rammentata regolamentazione dell’istituto nella sede nazionale e regionale, che individua esplicite metodiche di cessazione del gravame collettivo. Stante allora la equipollenza concettuale tra i diritti di uso civico ed i beni demaniali, la cessazione del peso fondiario non può operarsi per circostanze concludenti, ma solo tramite apposito provvedimento adottato dall’amministrazione pubblica cui è riconducibile la promiscuità civica, previa ponderazione degli interessi contrapposti. Gli usi civici non possono allora essere dichiarati estinti per la mera costruzione dell’opera pubblica, ovvero tramite forzosa adozione del decreto di esproprio ex art. 24 DPR N° 327/2001, destinato ad essere invalidato nella sede giurisdizionale, o comunque da ritenere in parte qua non generatore di effetti estintivi (Cassazione Civile, Sezioni Uniti Civili, sentenza N° 10 Maggio 2023, N° 12570).

Studio legale Avvocato Francesco Noto Cosenza Napoli

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