L’addebito per abbandono di rifiuti impone sempre appurare la colpevolezza del soggetto sanzionato

La giurisprudenza amministrativa si sofferma sull’esatta lettura dell’art. 192 D. L.VO N° 152/2006, nella parte in cui sanziona a titolo di dolo o di colpa il proprietario dell’area oggetto di sversamento; da tale premessa si interroga se, in danno degli ulteriori soggetti chiamati a rispondere dell’illecito, l’addebito si impianti su basi obiettive, oppure richieda, pur nel silenzio della norma, un eguale profilo di colpevolezza, e dunque la percezione previa della natura di rifiuto del materiale cosparso. Non si ritiene dirimente il tenore lessicale del comma III° dell’articolo citato, nella parte in cui evoca l’ambito soggettivo di responsabilità per il solo proprietario, al fine di chiarire come, qualora tale ultimo non sia l’autore materiale dell’illecito, è necessario improntare il nesso causale su un profilo di tipo psicologico. L’art. 192 TUA presuppone che, colui il quale ne violi il precetto, sia consapevole dell’azione commessa, ed in specie della portata inquinante del materiale sparso. Tale approdo esegetico risponde ad un superiore corollario di lettura, di genesi comunitaria (art. 174 del Trattato UE) ed oggi trasfuso nell’art. 3-ter del d.lgs. n. 152 del 2006 (“chi inquina paga”), nell’ottica dei principi generali in tema di responsabilità aquiliana. Le attività tese a ovviare alla situazione di inquinamento debbono pertanto ascriversi a colui che vi abbia dato causa per dolo o colpa (Cass. Civ, sent. N° 3077/2023), salvo le misure di prevenzione ex art. 240, comma 1, lett. i), D. L.vo N° 152 2006. Risposta offerta dalla giurisprudenza amministrativa e non alterata dalla direttiva europea sul danno ambientale n. 2004/35, nella parte in cui prevede un duplice regime in capo a chi esercita attività professionali (il primo, di natura obiettiva, in capo agli operatori esercenti attività pericolose per l’ambiente; il secondo, di carattere soggettivo, per i residui ambiti); normativa sovranazionale che ha visto il legislatore interno introdurre taluni correttivi al codice dell’ambiente [artt. 298 bis e 311 TUA]. L’esatto bilanciamento tra eterogenei valori di pregnanza costituzionale, quali la tutela della salute, dell’ambiente e dell’iniziativa economica privata, va allora impiantato in un criterio di “oggettiva responsabilità imprenditoriale”, e pertanto gli operatori economici che generano profitti dall’esercizio di attività ex se inquinanti (allegato 5 TUA) , debbono sostenere gli oneri di un eventuale riequilibrio ambientale, a prescindere dalla volontarietà dell’evento. In tutte le residue fattispecie non si potrà di contro prescindere da un principio di colpevolezza (TAR Toscana, sentenza 13 Marzo 2023 N° 170).

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