L’esercizio abusivo di attività finanziaria non sconta il raddoppio della pena edittale.

La Corte di Legittimità ha risolto un contrasto, insorto nella stessa sede nomofilattica, relativo al regime sanzionatorio da applicare in ipotesi di esercizio abusivo dell’attività finanziaria ex art. 132 D. L.vo N° 385/1993. Come notorio, l’incriminazione dell’abusivismo finanziario ha una storia recente quanto convulsa, se si considera essere stata introdotta solo con la Legge 197/2001 (in conversione del decreto legge 143 1991), per poi approdare nel vigente testo unico bancario. Anche l’attuale norma è stata più volte novellata, e se in un primo momento assumeva disvalore penalistico tanto l’esercizio di attività finanziaria senza iscrizione nell’elenco ex art. 106 TUB, quanto l’attività svolta senza iscrizione nella sezione ex art. 113 TUB, l’abusivismo non proiettato verso il pubblico venne relegato ad una sfera contravvenzionale, entrato in vigore il D. L.vo N° 415/1996. Si è poi passati per una nuova modifica dell’art. 132 TUB, operato dall’art. 38 L. N° 262/2005, salvo avere il successivo art. 39 introdotto il raddoppiamento dei limiti edittali per tutti i reati bancari e finanziari previsti dai rispettivi testi unici, cui ha fatto da ultimo seguito l’introduzione del testo vigente in tema di abusivismo finanziario, operata con il D. L.vo N° 141/2010. La progressione diacronica delle leggi ha fatto così sorgere un contrasto esegetico circa la perdurante operatività del raddoppio edittale in ordine proprio all’art. 132 DPR N° 385/1993. Sul punto la Corte di Legittimità ha palesato due indirizzi, il più risalente dei quali teso ad escludere la possibile abrogazione tacita dell’art. 39. Di opposto tenore i più recenti arresti, deputati a professare la modifica dell’art. 132 TUB non soltanto in ordine alla parte precettiva, ma anche nei contenuti sanzionatori. Contrapposizione legata alla lettura dell’art. 39 L. N° 262/2005, se tesa a costituire un rinvio mobile. Il Giudice di Legittimità, nella massima composizione, dopo avere tacciato di erroneità prospettica gli opposti indirizzi -il raccordo tra la norma rinviante e rinviata sarebbe nello specifico capovolto, ritenuto essere la seconda [art. 132 TUB] ad appropriarsi dei contenuti normativi dell’art. 39-, ritiene più aderente all’attuale assetto normativo la abrogazione tacita del raddoppio edittale. La novella del 2010, pur con plurimi profili di continuità, sancisce una nuova disciplina dell’abusivismo finanziario, tale da escludere la duplicazione della comminatoria edittale, ed all’ampliamento dell’ambito oggettivo della norma, anche a fattispecie di scarsa rilevanza sistemica, si contrappone la inoperatività del raddoppio ex art. 39. Viene così dettato il seguente principio di diritto: “La riformulazione dell’art. 132 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, riguardante il reato di abusiva attività finanziaria, ad opera dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha comportato l’abrogazione tacita dell’art. 39 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, nella parte in cui stabiliva il raddoppio delle pene comminate per il reato di cui all’art. 132 cit” (Corte di Cassazione, Sezioni Uniti Civile, sentenza 27 Aprile 2023, N° 17615).

STUDIO LEGALE AVVOCATO FRANCESCO NOTO COSENZA NAPOLI

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